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Nonostante le varie dicerie, siamo molto riconoscenti a Giacomo della Porta per la sfrazosa e imponente porta, che oltretutto fa da punto di riferimento per i turisti sulla via che porta dalla stazione della metro «San Giovanni» vicino alla basilica del Lateranense.

III. Nomen proprium, o nome prorio

Prima di cominciare la visita dell’area e del complesso di palazzi storici accomunati sotto il nome di Laterano, un viaggiatore curioso vorrà sicuramente sapere da dove viene fuori questa parola.

Come si sa, la scienza che si occupa dello studio dei nomi geografici si chiama toponimica. Questa scienza studia non solo la provenienza dei nomi geografici ma anche la loro evoluzione, il significato, la grafemica e così via. La scienza è scienza – una cosa difficile, confinata nei limiti della metodologia e delle esperienze del passato. Insomma, è una cosa noiosa.

Ma può essere che sia proprio la toponimica ad essere una cosa influenzata dal popolo! Nel suo ambito la proveninenza di ogni parola è sempre legata ad una bizzarra leggenda, un aneddoto storico o dalla più banale logica semplice come la più ovvia delle cose. Come si intende così si scrive. Per esempio, per gli studiosi del popolo la parola «Moscva» richiamava ad un suono simile al ronzio dei moscerini insieme al gracidio delle rane. Il luogo era stagnante e paludoso, ed è proprio per questo che è nata questa allusione12. La gente, sia in Russia che in Italia, in tutte le epoche era molto propensa a modellare i nomi geografici secondo le proprie interpretazioni. Anche il Laterano di Roma non è sfuggito a questo trattamento, avendo avuto anche esso a che fare con una rana, anzi, un ranocchio.

La leggenda rimanda l’origine della parola «Laterano» ai tempi del regno di uno dei più famosi imperatori dell’antica Roma. Ma non quello che da il nome all’insalata, e neanche quello sul quale, usando i soldi dell’impero a luci rosse «Penthouse», l’insaziabile Tinto Brass fece un suo film13. L’imperatore che ci interessa ha dato il nome al famoso programma per lavorare con i CD e i DVD. Capito quale? Giusto, stiamo parlando di Nerone14. Grazie ad un gioco di parole il nome del programma Nero Burning ROM (E) si può tradurre sia come «Nerone che incendia Roma» che come «Nero, che incendia i (CD-) ROM» dove con il termine incendiare, viene chiamato il processo di trasferimento dei dati su un disco.

Nel nostro caso Nerone non dovrà incendiare Roma. Nella leggenda del laterano tutto sarà molto più bizzarro.

È noto che Nerone ebbe tre mogli, ma tutti i matrimoni si rivelarono un fallimento, e l’unica figlia – Claudia Augusta, morì quattro mesi dopo il parto. Per ordine dell’incosolabile padre, dopo la morte la bambina fu divinizzata, e in suo onore furono costruiti santuari, nei quali i sacerdoti celebravano il culto di Claudia Augusta. Dal canto suo, Nerone, non trovando la felicità con le donne si dedicò agli uomini. Fu il primo imperatore a celebrare i matrimoni con i suoi amanti imitando il rito nuziale romano. Al matrimonio con l’eunuco Sporo, Nerone lo fece vestire da imperatrice, invece a quello con il sacerdote di nome Pitagora Nerone fece da moglie. Tempo dopo, come narra la leggenda, Nerone decise di mettere alla luce un erede tutto da se.

I medici dell’imperatore capivano che il rifiuto di rispettare i suoi ordini equivaleva a una pena di morte, e, per fortuna, ad uno dei «condannati» venne in mente un’idea che li avrebbe salvati. A Nerone fu chiesto di ingoiare senza masticare una specie di intruglio, nel quale i dottori misero o uova di rana o un girino. Quando secondo i calcoli dei medici, l’intruglio nella pancia dell’imperatore passò dallo stadio di uovo a rana, a Nerone fu somministrato un lassativo e… venne alla luce un incantevole bambino. La «mamma» Nerone era pazzo di gioia. Le migliori bambinaie del regno furono incaricate di prendersi cura dell’erede-ranocchio, e i figli di alcune famiglie aristocratiche di Roma formarono la sua scorta d’onore. Al neonato fu prescritto di fare lunghe gite all’aria aperta, ma un giorno, mentre la carrozza con il ranocchio passava vicino al Tevere, il «successore», percependo la vicinanza del suo habitat naturale, tutto d’un tratto saltò via dal cuscino di velluto e scomparve nei giunchi sulla riva del fiume. La «madre» infuriata fece giustiziare sia le bambinaie che il cocchiere e tutti i ragazzini che lo scortavano. I poveri genitori, devastati dalla tristezza, organizzarono, senza aspettare, un’attentato che portò all’uccisione di Nerone, e in ricordo di questo avvenimento, non lontano dal palazzo di Nerone venne costruito un edificio che fu chiamato con un nome che in latino significa «rana latitante» – latitans rana. Una leggenda divertente, ma assolutamente inverosimile…

È arrivato il momento di cercare la spiegazione scientifica dell’origine della parola Laterano. Non affrettattevi a sbadigliare, non vi annoierete di sicuro.

Il toponimo «Laterano» coincide con il soprannome con il quale nell’antichità fu chiamato un ramo della stirpe plebea dei Sestii. Questo vuol dire che quasi sicuramente non sapremo mai come veniva pronunciato nel parlato plebeo. Per la prima volta nella storia fa la sua comparsa circa 500 anni prima di Nerone. Nel 366 a.C. un certo Lucio Sestio Laterano riuscì a fare carriera e diventò il primo plebeo ad essere nominato console. Ai tempi in cui i dissidi tra patrizi e plebei stavano crescendo, Lucio Sestio Laterano e il suo amico Gaio Licinio Stolone diventarono dei veri salvatori della patria, impedendo una guerra tra ricchi e poveri. Essi proposero ai romani di mettere in pratica le loro tre idee: assegnare ai plebei uno dei due seggi consolari; limitare la prorietà terriera a 100 iugeri a persona; liberare i cittadini dallo giogo debitario, secondo il quale gli interessi pagati dai debitori si aggiungevano alla somma finale e la parte restante veniva pagata in tre anni. Queste tre riforme (lat. – rogazioni) praticamente furono i primi esempi di annullamento dei privilegi, attuazione di riforme sociali e ottenimento dell’eguaglianza dei cittadini della storia.

È possibile che fu proprio il tribuno della plebe Lucio Sestio Laterano a divenire il fondatore del ramo dei Laterani, il cui nome viene ripetutamente usato nella storia dell’Antica Roma.

Un’altro famoso Laterano della storia fu Plauzio Laterano, contemporaneo di Claudio15 e Nerone. Era di sangue nobile, bello, alto e aveva uno zio molto influente, il comandante Aulo Plauzio, conquistatore della Britannia. La moglie dell’imperatore Claudio, Messalina, si infatuì di lui e lo fece diventare uno dei suoi numerosi amanti.

Famosa per il suo temperamento effrenato, Messalina è entrata nella storia come la più famosa tessitrice di intrighi di tutta l’Antica Roma. La sua spavalderia la portò a cercare di spodestare il marito, divorziando da lui in sua assenza e nominando imperatore il suo nuovo favorito Gaio Silio. Per una tale impudenza Messalina fu fatta pugnalare su ordine del marito tradito, dopodichè toccò a tutti gli altri amanti che si riuscì a scovare. Solo due di loro si salvarono, uno dei quali era Plauzio Laterano, aiutato da Aulo Plauzio, buon amico di Claudio. Grazie all’intromissione dello zio, il fortunato Laterano fu solamente escluso dal senato.

Il figlio adottivo di Claudio – Nerone, diventato imperatore, perdonò Laterano e nel 66 addritittura lo nominò senatore. Tuttavia non era destinato a vivere abasstanza per assumere l’incarico. La partecipazione all’attentato del 65, che prevedeva l’uccisione del pazzo con la corona, del quale tutti ormai erano stanchi, gli costò la vita. Tra i complottisi c’erano molti romani di spicco, tra i quali il precettore di Nerone il filosofo Seneca e il poeta Lucano invidiato per il suo talento da Nerone che si dilettava di poesia. Il piano era il seguente: durante le manifestazioni circensi, alle quali l’imperatore era sempre presente, Plauzio Laterano avrebbe dovuto avvicinarlo, avvalendosi della sua completa fiducia. Essendo il più possente tra i complottisiti, avrebbe dovuto farlo cadere a terra, e trattanerlo fino all’arrivo dei complici armati, che avrebbero ucciso la «bestia sul trono». Purtroppo, la fortuna di Plauzio ebbe fine… Il complotto fu smascherato e lui giustiziato. Oltretutto, non solo Nerone non diede a Laterano la possibilità di dire addio alla famiglia e di darsi la morte da solo, ma anche scelse per la sua esecuzione un luogo umiliante. Plauzio Laterano morì sul piazzale dove venivano uccisi gli schiavi per mano del traditore che smascherò il complotto – il tribuno Stazio.

Dopo l’esecuzione di Laterano, la sua tenuta, conosciuta come «podere di Laterano» (Aedes Lateranorum) ” fu confiscata e diventò proprieta dell’imperatore. Il poeta-satirico romano Giovenale16, che naque 5 anni prima dei fatti accaduti, descrisse in molte sfumature un’altro Laterano, il suo contemporaneo, Tito Sestio Magio Laterano. Nell’ottava satira, ragionando sulla vera nobiltà e dimostrando che una discendenza nobile non ha nessun valore senza qualità morali, Giovenale marchiò d’infamia tutti i famosi aristocratici che conosceva. Nel nostro caso Giovenale ara arrabiato del fatto che «il ciccione» Laterano, eletto console nel 94, mentre era in carica, di notte si dava alle corse con le bighe, e che finito il mandato avrebbe continuato a farlo anche di giorno. Ma questo non è il fatto peggiore… Invece di brandire la sua spada prestando servizio militare ai confini dell’impero passava il tempo in una squallida taverna:

…lo troverai sdraiato con qualche sicario in mezzo a marinai, ladri e schiavi fuggiaschi, carnefici e fabbricanti di bare e i tamburi muti di un gallo disteso. Qui c’è libertà per tutti, i bicchieri sono in comune, il letto è lo stesso per tutti, la mensa non è chiusa a nessuno17.

Nulla di nuovo sotto al sole. Dopo duemila anni, i ricchi e potenti e la loro prole spesso si divertono in modi simili – organizzano corse notturne su auto di lusso, e dopo essersi riempiti la pancia nei ristoranti alla moda, vanno a fare baldoria nei vari bordelli.

Il moralista Giovenale sarebbe stato molto felice nel sapere che il bisnipote del ciccione Laterano che si chiamava prorio come quest’ultimo – Tito Sestio Magio Laterano, e che era console nell’anno 197, si sarebbe comportato in modo assolutamente diverso. Nel 195 combattè valorosamente nella campagna partica sotto l’imperatore Settimio Severo18, ricoprendo la carica di duce (dux exercitus)  comandante dell’esercito romano. Dopo queste guerre, Laterano, non solo si arricchì enormemente, ma entrò anche a far parte della cerchia di amici intimi dell’imperatore. Settimio Severo era molto generoso con i suoi amici di battaglie, e avrebbe fatto al suo amico un dono veramente regale, come risarcimento per la tenuta di famiglia confiscatagli da Nerone. Stiamo parlando dello sfarzoso palazzo «Domus Parthorum», o Casa dei Parti, nella quale durante le guerre romano-partiche alloggiavano i nobili parteniani presi in ostaggio. Il palazzo era adiacente alle caserme Castra Nova Equitum Singularium19, costruite da Settimio Severo, non lontano dalla porta degli asini, per l’alloggio di mille cavalieri scelti come sue guardie del corpo. Oltre alle varie proprietà a Laterano fu concesso uno dei maggiori privilegi dell’antichità, il rifornimento di aqua in casa direttamente dall’acquedotto. A testimoniare questo fatto vi è la scoperta fatta nel XVI secolo da Fulvio Orsini, uno dei canonici della basilica di San Giovanni in Laterano. Sotto le fondamenta di una delle cappelle della basilica ha rinvenuto i resti di antiche tubature romane di piombo con sopra impressa la scritta Sexti Laterani o «proprietà di Sestii Laterani».

Da allora, nelle varie fonti scritte la casa Partica viene chiamata come Casa dei Laterani (Aedes Laterani). La maestosità del palazzo era tale, che per assegnare un indirizzo agli edifici che gli stavano vicini veniva usato il termine «iuxta Lateranis» (vicino ai Laterani). Con il passare del tempo, man mano che dal latino si formò la lingua italiana, il toponimo assunse la sua forma definitiva – Laterano, o in russo, Латеран. (Lateran).

IV. Il dono di Costantino

All’inizio del IV secolo una considerevole parte dell’area che portava il nome di Laterano era occupata dalla tenuta Domus Faustae (Casa di Fausta), che si trovava nel luogo dei possedimenti confiscati da Nerone a Plauzio Laterano. Molto probabilmente la tenuta era appartenuta a Flavia Maxima Fausta, la figlia dell’imperatore Massimiano20. Nell’anno 307, quando Fausta divenne moglie di Flavio Valerio Aurelio Costantino, passato nella storia con il nome di Costantino I Il Grande, la sua tenuta si aggiunse agli altri possedimenti del marito. Quì era la loro dimora quando i coniugi si fermavano a Roma.

Ma cominciamo con i fatti antecedenti…

Chi è stato a Venezia sicuramente avrà notato la strana scultura di porfirio rosso-scuro sotto la facciata meridionale della basilica di San Marco, raffigurante quattro uomini armati di lance che si abbracciano amichevolmente l’un l’altro. Questa scultura del IV secolo fu portata lì dai venezani dopo il saccheggio di Costantinopoli, dove abbelliva una delle piazze principali della città. Ai giorni nostri i rappresentanti delle comunità LGBT sono soliti fotografarsi vicino al quartetto interpretando in modo sbagliato l’abbraccio, senza rendersi conto di chi rapprenti. D’altronde non sono solo loro a non rendersene conto. Affrettiamoci a colmare questa lacuna.

Nel III secolo l’Impero Romano che a quel tempo raggiunse delle proporzioni giganti, entrò in una striscia di prolungata crisi, o, come direbbero da noi «Smuta» (Tumulto). Una parte dei territori proclamò la propria indipendenza da Roma e le dispute tra imperatori condussero ad un periodo di 33 anni (tra il 235 e il 268), durante il quale furono incoronati 29 imperatori, dei quali solo uno morì di morte propria. Chissà come sarebbe finita quest’epoca di congiure di palazzo se al potere non fosse salito Diocleziano21.

Nel 285 Diocleziano introdusse un nuovo sistema di governo dell’immenso Impero Romano – la tetrarchia22, secondo la quale a governare dovevano essere non uno, ma quattro re. Due di loro vennero chiamati «augusti» (imperatori anziani) e gli altri due – «cesari» (imperatori giovani). Si prevedeva che dopo 20 anni di governo gli augusti avrebbero abdicato in favore dei cesari che a loro volta avrebbero dovuto designarsi dei successori. A sua volta, Diocleziano nominò come cesare un suo vecchio amico, il comandante Massimiano Erculio, elevandolo poi al grado di augusto. Diocleziano governò la parte orientale dell’impero, invece Massimiano – quella occidentale. Nel 239 Diocleziano e Massimiano nominarono come loro successori due cesari: Galerio e Costanzo Cloro. Quindi sono questi quattro che stanno abbraciati vicino alla basilica di San Marco a Venezia.

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